Luperco vs Valentino
- Vivian Redleaf
- 17 feb
- Tempo di lettura: 4 min

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Oh, San Valentino, la festa degli innamorati, dei palloncini rossi, dei cuoricini rossi, dei peluche rossi, dei ristoranti affollati da coppie che sperano in una serata romantica e invece si ritrovano seduti a tavoli appiccicati l’un l’altro a spendere cifre assurde per menu degustazione che, quando esci, hai più fame di prima.

Allora, forse, era meglio come si festeggiava un tempo, quando non c’erano di mezzo santi bensì una divinità cornuta della fertilità, Luperco, incarnazione dell’istinto animale dell’uomo. Le celebrazioni non avevano nulla a che fare con il romanticismo coatto: piuttosto, erano un’invocazione libera e sfrenata alla fertilità, alla fecondità e alla purificazione.

Le origini mitologiche di questo rito vengono fatte risalire agli stessi Romolo e Remo che, per propiziare la costruzione della nuova città, sacrificarono agli dei delle capre e poi si diedero a un banchetto sfrenatao nella grotta del Lupercale dove, sempre secondo la leggenda, erano stati allattati dalla lupa.
[...] la festa sacra dei Lupercali iniziò per opera di Romolo e Remo, quando, lieti per il permesso avuto dal loro avo Numitore, re degli Albani, di edificare una città nel luogo in cui essi erano nati, sotto il colle Palatino, già reso sacro dall’arcade Evandro, fecero per esortazione del loro maestro Faustolo un sacrificio e, uccisi dei capri, si lasciarono andare, resi allegri dal banchetto e dal vino bevuto in abbondanza. Allora, divisosi in due gruppi, cinti delle pelli delle vittime immolate, andarono stuzzicando per gioco quanti incontravano. Il ricordo di questo giocoso rincorrersi intorno si ripete da allora ogni anno. [Valerio Massimo, II, 2, 9]
Le origini storiche invece lo attribuiscono all'arrivo a Roma di due importanti famiglie, la gens Fabia e la gens Quintia, che importarono nella nuova città le loro ricche tradizioni agresti, come l’usanza dei pastori di radunare il bestiame in cerchio e correre intorno per scacciare i lupi.
In seguito, sempre prima che la chiesa intervenisse per cancellare ogni vestigia di tradizione pagana, entrambi questi riferimenti vennero ripresi in una celebrazione più ampia: i Lupercalia, al culmine della quale, il 15 di febbraio, i Luperci, giovani sacerdoti devoti al dio Luperco, tutti appartenti ai Fabii e ai Quintii, sacrificavano capre e montoni di cui divoravano le carni come veri e propri lupi, per entrare in contatto con lo spirito della divinità.

Una volta terminato il rito, uscivano dalla grotta del Lupercale, gnudi come mamma li aveva fatti, lordi di sangue, simbolicamente trasmutati in lupi mannari e, brandendo lunghe fruste ricavate dalla pelle degli animali sacrificati, correvano intorno al colle palatino, frustando il terreno e chiunque capitasse a tiro. Soprattutto le donne che desideravano avere figli – ricche matrone incluse - li attendevano all’uscita della grotta per farsi colpire. Pare addirittura che le donne fossero completamente nude, per meglio ricevere i colpi propiziatori.
So che oggi può apparire bizzarro ma ricordo che a quei tempi le femmine valevano qualcosa solo se erano in grado di sfornare prole.
Ma Lupercalia mostra che fusse festa di purificazione, perchè si celebra ne’ giorni nefasti, voglio dire malavventurosi, del mese di febbraio, il quale interpetrare si potrebbe Purificativo: e ’l giorno solenne della celebrazione era detto anticamente Februala : ma il nome proprio vale altrettanto quanto festa di lupi; e mi si fa verisimile che fusse antichissima ordinata dagli Arcadi con Evandro venuti. Tuttavia essendo voce comune a lupo e lupa, può ancora essere stato imposto in memoria della lupa nutrice di Romulo. Perciocché veggiamo i Luperci muover la corsa ove scrivono essere stato Romulo alla ventura esposto: ma gli atti che fanno non ci presentano agevol coniettura per rintracciarne la cagione, perchè scannano capre, e condottivi due giovanetti nobili, alcuni toccan loro la fronte con la spada insanguinata, ed altri gli forbiscon subito con fiocco di lana tinta nel latte; e conviene eh’ e’ giovanetti dopo l’rasciugamento ridano: dipoi tagliate le pelli delle capre, ne fanno staffili, e vanno con essi in mano nudi battendo qualunque incontrano; e le giovani donne non isfuggono la battitura, imaginandosi che molto giovi alla agevolezza dell’ingravidare e del partorire. Particolarità di questa festa si è che i Luperci sacrificano un cane.
Ma un certo Buta in sue elegie, ove rende ragioni favolose dell’usanze di Roma, scrive che avendo Romulo vinta la gente di Amulio, venne con gioia correndo al luogo, ove fu egli e’l fratello dalla lupa allattato, e che
i giovani nobili nel celebrare questa solennità ‘ corrono battendo quanti per via n’ incontrano […] [Plutarco, Vite Parallele]
Trovandola molto poco consona alla morale cristiana, nel 494 d.C., papa Gelasio decise di anticiparla di un giorno e consacrarla a un certo martire Valentino. Su chi fosse, le fonti storiche sono discordanti: alcune propendono per un vescovo di Terni che incoraggiava l’amore fra le giovani coppie, altre un martire romano decapitato per aver sposato una cristiana e un legionario pagano. Altre ancora ritengono che si tratti della stessa persona: un vescovo ternano che fu decapitato a Roma perché celebrava matrimoni fra pagani e cristiani.

La consacrazione definitiva in festa degli innamorati si deve a un poema di Goffrey Chaucer (The Parliament of Fowls) che associava San Valentino a Cupido.
Il resto è storia.
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